RESPONSABILITÀ DEL VOLONTARIO
INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO
Obbligo del segreto d’ufficio
Il Volontario per ragioni d’ufficio, ovvero nell’espletamento del servizio cui viene comandato, può venire a conoscenza di notizie che godono di tutela perché dati sensibili ai fini dell’interesse delle persone coinvolte. L’art. 326 del c.p. “Rivelazione od utilizzazione di segreti d’ufficio” punisce il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio che, “violando i doveri inerenti alle funzioni od al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola la conoscenza in qualsiasi modo, è punito con la reclusione a 6 mesi a 3 anni …”
Inosservanza dei doveri e colpa grave
Il Volontario comandato in servizio assume ogni responsabilità relativa all’espletamento delle mansioni di pubblico servizio per le quali è incaricato e ne garantisce la continuità nonché il corretto espletamento. Ogni trasgressione delle direttive, ordini di servizio, procedure, protocolli o quant’altro stabilito dalla direzione del servizio in funzione della realizzazione delle attività specifiche di pubblico interesse, costituisce motivazione sufficiente per l’esonero del Volontario dalle attività richieste e per una formale contestazione all’Ente cui il Volontario ha aderito. Nei casi gravi può ricorrere l’ipotesi della colpa grave. Fra le colpe “gravi” di cui può macchiarsi il Volontario comandato in servizio, rileva in particolare il rifiuto o l’omissione di atti d’ufficio, circostanza contemplata e sanzionata dall’art. 328 del c.p. “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanità deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni”.
Parimenti grave per l’ordinamento è l’interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità circostanze per le quali l’art. 331 c.p. prevede una specifica sanzione “con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa non inferiore a euro 516,00”.
Una circostanza particolare è quella che prevede l’obbligo di denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio, la cui omissione è sanzionata dall’art. 362 c.p. con la multa fino a euro 103,00, in particolare se riferita a reati di cui il Volontario viene a conoscenza nelle attività relative al servizio sanitario. In astratto la circostanza è sempre ipotizzabile, tuttavia, nella realtà, è molto difficile che il Volontario si trovi ad operare nell’ambito del sistema 118, in assenza di un Infermiere o un medico in circostanze delittuose o di possibile interesse giudiziario. Ad ogni buon conto, anche per l’incaricato di pubblico servizio rimane il dovere di denuncia di reati o notizie di reato. Escludendo l’ipotesi di fatti dolosi, ogni altra circostanza che può porre in essere la fattispecie di lesioni personali o, nella più grave delle circostanze,la morte del paziente, ricade in quanto previsto dall’art. 590 c.p. “Chiunque cagioni ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309,00. Se la lesione è grave, la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 129,00 a Û 619,00; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309,00 a 1.239,00″ e dell’art 589 c.p. “Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”.
La figura giuridica del volontario
Il Volontario, in servizio comandato, assume la qualifica di soccorritore e, solo in tale circostanza, assume le funzioni di incaricato di pubblico servizio. L’art. 358 c.p. precisa che “Agli effetti della legge penale sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio”. A tale riguardo rileva il significato giuridico di pubblico servizio che deve essere “un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, e con l’esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale”. L’ordinamento considera il ruolo dell’incaricato di pubblico servizio in termini residuali senza riconoscere alla funzione dello stesso alcuna potestà aggiuntiva bensì le ordinarie responsabilità del cittadino comune alle quali si aggiungono le responsabilità specifiche delle funzioni di incaricato di un pubblico servizio. L’espresso provvedimento commissivo richiamato dalla Suprema Corte nella citata sentenza della Cassazione penale – VI Sez. del 28.5.1997, è condizione indispensabile a che il Volontario appartenente all’Ente affidatario del servizio possa espletare una attività di soccorso per fini sanitari ed assumere la qualificazione di incaricato di pubblico servizio. Infatti le funzioni di incaricato di pubblico servizio derivano al Volontario, secondo la stessa Corte, dalla qualificazione del soccorso quale attività di pubblica utilità “…nella indubbia qualificazione di pubblico servizio della attività di pronto soccorso che la pubblica amministrazione è tenuta ad assicurare, quando il legittimo provvedimento amministrativo consente che questo servizio per una sua parte, possa essere affidato a soggetti estranei alla pubblica amministrazione, costoro nell’esercizio del servizio medesimo, assumono ad ogni effetto la qualificazione di incaricati di pubblico servizio”.
Norme di tutela
Il Volontario incaricato di pubblico servizio è tutelato dalla legge, la quale prevede (art. 336 c.p.) che “Chiunque usi violenza o minaccia ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. La pena è della reclusione fino a tre anni se il fatto è commesso per costringere alcune delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire comunque su di essa.
Così come prescrive (art. 337 c.p.) che “Chiunque usi violenza o minaccia per opporsi ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestino assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”.